Altre norme di rilievo per la fabbricazione e la commercializzazione di prodotti non alimentari
Gli articoli 6 - 12 del Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005) dispongono per quanto riguarda le informazioni diverse dal prezzo che devono accompagnare i beni nel momento della loro offerta al consumatore.
Le norme in questione non recepiscono disposizione comunitarie e hanno valenza esclusivamente nazionale; sono esclusi dal loro ambito di applicazione i prodotti oggetto di specifiche disposizioni comunitarie.
Le informazioni devono comparire sul prodotto preconfezionato o sul suo imballaggio (salvo le istruzioni che possono essere su un documento che accompagna il prodotto), in italiano.
Le informazioni devono essere indelebili, facilmente visibili, chiaramente leggibili e non devono essere deformate o dissimulate.
Nel caso di prodotti non preconfezionati e venduti sfusi, le informazioni possono comparire su un cartello, applicato al contenitore dei prodotti o presente nei locali di vendita, in modo da essere adeguatamente e integralmente visibili.
Le informazioni previste sono:
a) Denominazione legale o merceologica del prodotto, salvo che questa sia evidente dall'aspetto del prodotto;
b) Nome o ragione sociale o marchio e sede legale del fabbricante comunitario o dell'importatore comunitario;
c) Paese di origine se situato fuori della Unione Europea; questo punto è attualmente non applicabile: l'art. 31-bis della legge 51/2006 ne ha sospeso l'efficacia fino all'entrata in vigore del decreto che recepirà le norme in questione e sostituirà il D.M. 101/1997. In merito alle norme vigenti sull'indicazione di origine dei prodotti non alimentari, vedere la successiva sezione;
d) Eventuale presenza di materiali o sostanze dannose per l'uomo, le cose o l'ambiente;
e) Materiali impiegati o metodi di lavorazione, se determinanti per la qualità o le caratteristiche merceologiche del prodotto;
f) Istruzioni, indicazioni relative alle precauzioni e destinazione d'uso, se utili alla fruizione e sicurezza del prodotto.
Le specificazioni e le limitazioni con le quali le informazioni elencate sono rese disponibili al consumatore sono indicate nel D. M. 8 febbraio 1997, n. 101.
Il D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 73 recepisce la Direttiva 87/357/CE e vieta la fabbricazione, l'immissione sul mercato, la commercializzazione e l'esportazione di prodotti che avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori.
Sono specificamente oggetto della norma i prodotti non alimentari che tuttavia hanno forma, odore, aspetto, imballaggio, etichettatura, volume o dimensioni tali da far prevedere che i consumatori, in particolare i bambini, li possano confondere con prodotti alimentari, portandoli alla bocca, succhiandoli o ingerendoli, con il rischio di soffocamento, intossicazione, perforazione od ostruzione del tubo digerente.
Chiunque violi il divieto è soggetto all'arresto fino a sei mesi o all'ammenda da € 129,00 ad € 1.032,00.
Attualmente (febbraio 2018) non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato di indicazione dell'origine sui prodotti non alimentari.
Esiste invece un obbligo molto specifico e limitato quanto a presupposti applicativi: si tratta dell'art. 4 comma 49-bis della Legge 350/2003, introdotto dal D.L. 135/2009.
La norma descrive una nuova ipotesi di indicazione fallace dell'origine: l'uso di un marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine italiana, senza che il prodotto stesso sia accompagnato da:
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nella fase di commercializzazione: indicazioni precise ed evidenti sull'origine estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto;
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nella fase di transito presso le dogane e, in generale, prima della commercializzazione del prodotto: attestazione resa dal titolare o licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, saranno rese in fase di commercializzazione sull'effettiva origine estera del prodotto.
Sull'applicazione dell'art. 4 comma 49-bis della L. 350/2003 sono state emanate due circolari esplicative, la prima dal Ministero dello Sviluppo Economico, la seconda da parte dell'Agenzia delle Dogane.
